CORONAVIRUS, la spinosa questione del MES – Proseguono le trattative del governo italiano in Europa per fronteggiare quella che con ogni probabilità sarà una crisi economica senza precedenti. Ma bando agli allarmismi, cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.
Cos’è il MES?
Il MES (Meccanismo europeo di stabilità) è un’organo intergovernativo il cui scopo è quello di salvaguardare la stabilità finanziaria dei paesi dell’Eurozona; ovvero di tutti quegli stati dell’Unione Europea in cui si è adottato l’Euro come moneta ufficiale.
Allo scopo di perseguire tale finalità, il MES, può emettere prestiti direttamente agli stati membri che si trovino in difficoltà finanziarie.
Quali sono i limiti del MES
In sostanza l’erogazione di un prestito da parte del MES ad uno degli stati membri, comporta delle forti limitazioni alla libertà di quel paese. E dunque, in tali circostanze, la politica economica dello stato debitore (che consiste nel decidere come e quando spendere i soldi della collettività) sarà sottoposta alla supervisione del fondo stesso.
Inoltre si tratta di un prestito privilegiato. E dunque, qualora lo stato debitore si trovasse in difficoltà finanziare, dovrebbe in primis rimborsare i fondi ricevuti dal MES e solo successivamente gli altri crediti, come per esempio i titoli di stato.
Ipotizziamo che l’Italia decida di ricorrere al MES; supponiamo inoltre di essere un investitore che vorrebbe comprare titoli di stato italiani. Questo investitore sa che l’Italia è vincolata dal MES e che in caso di crisi sarebbe costretta a restituire i soldi dando la priorità al fondo salva stati prima che al suo credito. Dunque il nostro rischio di non essere rimborsati a scadenza, aumenta. Ma questo, che cosa comporta?
Che cosa comporta l’aumento del rischio finanziario?
Quali sono le dirette conseguenze dell’aumento del rischio legato ad un finanziamento? Ebbene se ti presto del denaro sapendo che il rischio di NON rivedere i miei soldi a scadenza è elevato, io questo rischio te lo faccio pagare.
Dunque l’Italia in tale situazione, dovendo privilegiare i suoi obblighi nei confronti del MES, sarebbe costretta ad emettere titoli di stato ad un tasso di interesse maggiorato. E questo, proprio per tutelare gli investitori, maggiormente preoccupati di perdere il proprio investimento. Ma un tasso di interesse maggiorato su un debito pubblico di 2.381 miliardi significa un considerevole aumento della spesa pubblica (il famoso spread).
In tale situazione lo stato italiano sarebbe costretto a destinare una quota sempre più importante del proprio bilancio, al pagamento degli interessi maturati su un debito mostro.
Sebbene la situazione sia assai problematica da anni.
Ma del resto sono anche anni che la Germania emette titoli di stato a tassi negativi. In pratica l’investitore presta i propri soldi allo stato tedesco il quale glie li restituisce a scadenza in misura minore rispetto al capitale iniziale. E questo perché la Germania è considerata uno stato sicuro e affidabile, che i soldi pubblici non li spreca.
Ora però, la situazione rischia di divenire insostenibile, per l’Italia. E tutte le risorse necessarie a far funzionare la macchina dello stato, da dove verranno prese? E da dove sono state recuperate in tutti questi anni?
Per esempio dalla sanità! Ed ecco spiegato perché sono mancati i posti letto durante questa crisi sanitaria senza precedenti.
Si ok, ma a queste spese si dovrebbe far fronte con il denaro raccolto attraverso l’imposizione fiscale. Peccato però che i soldi delle tasse altro non sono che una parte della ricchezza prodotta dalle imprese e dai lavoratori italiani. Ricchezza che viene prelevata dal fisco e messa a disposizione della collettività. Ma le imprese attualmente, sono ferme a causa del CORONAVIRUS.
Capite ora perché la situazione è potenzialmente esplosiva? Chi coprirà i costi della scuola, delle pensioni della sanità, della giustizia, delle forze dell’ordine per fare alcuni esempi?
Chi finanzia il MES?
Ma da dove provengono i soldi di questo fondo detto Salva Stati? Ebbene provengono dagli stati stessi che lo compongono. E tra di essi c’è naturalmente l’Italia, che vi contribuisce con una somma superiore ai 125 miliardi di Euro, pari al 17,9% del fondo.
L’Italia per intenderci è il terzo contributore del fondo; la sua quota di partecipazione è di gran lunga superiore a quella per esempio dell’Olanda, nostra antagonista in questa strenua battaglia sulla gestione dell’emergenza CORONAVIRUS. Olanda che per giunta, vi contribuisce solamente con 40 miliardi di Euro.
E dunque in questa fase il MES è giudicato inadeguato in quanto si tratterebbe sostanzialmente di prestare i soldi dell’Italia all’Italia. Denaro che tra l’altro, il nostro paese dovrebbe restituire pagandoci pure sopra gli interessi, con l’ulteriore aggravante della cessione, di una parte importante della propria libertà economica. Come dire, io ti presto i tuoi soldi e in cambio tu mi paghi gli interessi; senza per giunta poter decidere come spenderli e come gestire il tuo bilancio.
L’accordo raggiunto in Europa dal Governo Italiano: un MES Light
L’accordo raggiunto dal nostro governo in queste ore è un non accordo. Si tratta dell’ennesima manifestazione di intenti. Tuttavia nulla è stato firmato, almeno pare, anzi, ci auguriamo che sia così.
Si parla di un MES light, senza nessuna condizione (né limitazioni alle libertà economiche degli stati che vi ricorreranno) se non quella di dover destinare i fondi erogati, esclusivamente per fronteggiare l’emergenza sanitaria legata al CORONAVIRUS.
L’Italia vi ha partecipato versando nella cassa comune 14 Miliardi di Euro, per riceverne in cambio, qualora vi aderisse, ben 34! Si ecco, sembrerebbe un grande affare. Peccato che ci si continua a dimenticare che, mentre quei 14 miliardi sono nostri, i 34 miliardi “da ricevere in cambio”, altro non sono che un prestito da restituire con gli interessi. Proprio un affarone…
Gli Stati del Nord Europa non vogliono la condivisione del debito
Gli stati del nord, i cosiddetti falchi, non vogliono unire le risorse di tutti i paesi dell’unione europea per far fronte comune all’emergenza virus.
In molti ambienti politici tedeschi poi, si parla apertamente di un tentativo da parte del governo italiano di far pagare i debiti degli italiani ai contribuenti tedeschi.
Ovviamente non è così. Non si tratterebbe di condividere il nostro debito pregresso, accumulato in anni di mala sanità, clientele e diffusa corruzione della nostra pubblica amministrazione.
Si tratterebbe di condividere il debito futuro, esclusivamente per far fronte alle esigenze immediate riguardanti l’emergenza coronavirus.
Perché allora Germania e Olanda non sono d’accordo?
Nel nostro paese, com’è noto ci sono regioni estremamente povere e mal governate. La maggioranza degli abitanti di queste regioni lavora sodo ma in un contesto purtroppo assai sfavorevole alla libera impresa. Vi è dunque serietà e un grande desiderio di riscatto da parte di una larga parte dei cittadini onesti di queste regioni.
D’altro canto, ogni anno, per sostenere le suddette regioni, dalla Lombardia escono ben 54 miliardi di euro destinati a non farvi ritorno. Si tratta del famigerato residuo fiscale, ovvero della differenza tra quanto un territorio versa allo stato centrale sotto forma di imposte e quanto ne riceve attraverso la spesa pubblica.
Si tratta del residuo fiscale più alto d’Europa. Per intenderci, la ricca Catalogna, che sulla questione del residuo fiscale ha scatenato una vera e propria guerra civile contro lo stato centrale spagnolo, ha un residuo fiscale di appena 8 Miliardi di euro.
Anche altre regioni italiane, ricche come la Lombardia, si trovano in condizioni simili. E questo avviene ormai da decenni, ogni anno.
Ebbene, riguardo alla domanda sul perché nel nord Europa non si vuole aiutare l’Italia in un momento così difficile, risponderei con un’altra domanda.
Dov’è finito quel gigantesco fiume di denaro, che avrebbe dovuto risollevare, negli anni, le sorti di una terra martoriata dalle organizzazioni mafiose? Le condizioni dei cittadini onesti di tali regioni povere del sud Italia, sono nel frattempo migliorate?
Rispondendo alle suddette domande si trova una chiara risposta sul perché l’Italia non sta ricevendo la solidarietà dell’Europa. Giusto o sbagliato che sia, occorre prenderne atto al più presto, prim che sia troppo tardi.
Nato a Brescia il 10 Aprile del 1972, unisce la sua passione per la programmazione informatica e il meteo sviluppando Meteo Drome, un sistema totalmente automatizzato in grado di comparare le previsioni dei principali siti meteo, misurandone il livello di accuratezza.