Coronavirus: Tutte le cose che ancora non quadrano

Coronavirus: Tutte le cose che ancora non quadrano

Coronavirus, tutte le cose che non quadrano – Ci sono ancora molte domande sull’epidemia di coronavirus in atto, che tutt’ora non hanno risposta. Non aiuta il fatto che gli stessi esperti, su molti aspetti della questione, siano in disaccordo tra loro.

Non aiuta che Luciano Onder, giornalista televisivo e divulgatore scientifico, dica con assoluta sicurezza, in diretta TV che gli animali non possono in alcun modo veicolare il virus; specie se il giorno dopo viene battuta la notizia del primo caso di contagio da coronavirus di un cane.

Per ora quello che sappiamo, è che non sappiamo nulla. Anzi, alcuni dettagli della questione, emergono preoccupanti.

E quindi, a volte, specie in situazioni di assoluta incertezza come quella attuale, porsi le giuste domande è forse ancora più importante delle eventuali risposte.

Ed ecco allora la prima, la più lampante…

Ma se il coronavirus è poco più di una banale influenza, perché tutto questo?

E dunque perché chiudere scuole, stadi, impianti sportivi, aziende, congelando di fatto una grossa fetta del tessuto produttivo del paese?

La risposta delle istituzioni e degli esperti si limita ad un generico: “Il sistema sanitario regionale e/o nazionale potrebbe non reggere all’impatto del virus”.

Ma detta così non ci dà ancora la percezione esatta di quello che potrebbe accadere nei prossimi mesi. E allora, una prima risposta ci arriva dagli ultimi sviluppi nella zona di Lodi.

Cos’è successo nelle ultime ore nella cosiddetta zona rossa?

Ebbene, si è verificata un’improvvisa accelerazione della diffusione del virus, sia in termini di contagi ma soprattutto dal punto di vista dei ricoveri.

In appena un pomeriggio, nella sola zona di Lodi, si sono avuti ben 51 ricoveri gravi di cui 17 in terapia intensiva. E poiché il solo ospedale di Lodi non era attrezzato per ospitare tutti i degenti, è successo che molti di essi sono stati trasferiti nella vicina Cremona.

Ma purtroppo anche l’ospedale di Cremona è a corto di organico e soprattutto di posti letto in terapia intensiva. E così si è finito per stressare anche le strutture di accoglienza degli altri ospedali della zona e del nord Italia.

Sì perché, molto probabilmente, sono i posti letto in terapia intensiva la chiave di tutto.

E quindi, dove sta il pericolo?

Immaginate che con la riapertura delle scuole e di tutte le normali attività si vengano a sviluppare nuovi focolai come quello di Lodi. Se già un territorio circoscritto come quello del Lodigiano è in grado, fattivamente di intasare le strutture di accoglienza degli ospedali di mezza Italia, figuriamoci se il virus si dovesse estendere ad una larga parte d’Italia.

Mentre in Cina può accadere che un ospedale spunti dal giorno alla notte (quasi nel senso letterale del termine) in Italia questo non accade. Diciamoci la verità; il tempo utile per costruire un ospedale in Cina, corrisponde, più o meno al tempo necessario in Italia, per capire a chi rifilare la tangente.

Perché è assolutamente vero che, almeno la metà di coloro che risultano positivi al coronavirus sono asintomatici; e che solo nel 20% dei casi è necessario il ricovero ospedaliero, sebbene spesso in terapia intensiva.

Tuttavia, secondo la stessa virologa Ilaria Capua: “questo virus è uscito dalla giungla e si è ritrovato di fronte una prateria di semafori verdi. Essendo sconosciuto alla popolazione umana, galoppa“.

Si diffonde quindi molto rapidamente, a detta degli esperti, complice la totale assenza dell’immunità di gregge. E soprattutto perché il nostro organismo, non avendo mai incontrato questo virus, non ne ha sviluppato le necessarie difese, a differenza degli altri virus influenzali, che si ripresentano ogni anno, durante la stagione invernale, in versioni solo parzialmente mutate.

L’ultima incognita

Ma potrebbe esserci una buona notizia…

Ilaria Capua sostiene che la già ridotta percentuale di mortalità causata dal coronavirus, potrebbe essere addirittura più esigua; si ipotizza infatti che il virus, sia in realtà già ora molto più diffuso di quel che si pensi; anche nel nostro paese.

E dunque, a fronte di un maggior numero di contagiati, molti dei quali asintomatici (che non sanno neanche di essere infetti) la percentuale dei ricoveri e dei decessi sul totale degli infetti, verrebbe inevitabilmente a calare ulteriormente.

In sostanza, secondo il parere di chi ne sa più di noi, se nei focolai di contagio, il virus fosse più diffuso rispetto a quanto emerge dalle statistiche ufficiali, potrebbe trattarsi persino di una buona notizia.

ENRICO FACCHINETTI